FERMI TRA DUE LANCETTE
22/08/10
Oggi invidio tutti, dai bilancia ai gemelli, perchè in queste occasioni hanno intorno la propria città e i propri amici, oltre al diritto di ubriacarsi a loro spese.
Qui invece usa il contrario. Sarà per questo che se lo ricorda perfino chi mi conosce dal menarca, e a un'ora dalla sveglia sono già travolta dai festeggiamenti in spiaggia?
A proposito di ricorrenze, quello del 2004 lo ricordo per un episodio strano.
Il programma della serata prevedeva un giro di brindisi a Vico per via della pasticceria di cui ho già detto, e un po' di cagnara all'enoteca di Peschici finchè la raucedine non ci avesse convinti a tornare a casa.
All'epoca i patentati erano tanti quanti le auto disponibili, perciò non era strano organizzarsi in formazioni improbabili durante il tragitto. A me toccò la panda di Piero e Angelo, su cui mi strinsi assieme a Samantha e Marchetto, il fratello minore di un amico di Lucera. Il diabolico dodicenne aveva da poco sorpreso suo fratello a fumare, perciò pretendeva di seguirci ovunque in cambio del suo silenzio con i genitori. Aveva fatto davvero un colpaccio: con un carattere tanto impestato l'avremmo lasciato volentieri a casa.
Nonostante le condizioni ridicole della panda a cui mancava anche uno specchietto retrovisore, accettammo tutti di seguire la scorciatoia proposta da Angelo, che si addentrava in una pineta evitando incroci e semafori. Fin dalla partenza Marchetto si lamentò per tutto, dai dossi alla cassetta nello stereo, finchè Pietro attaccò un repertorio di storie di fantasmi per tenerlo buono fino all'arrivo.
Fra una risata e l'altra nessuno si accorse del progressivo diradarsi di illuminazione, segnaletica e abitazioni. Eravamo tutti presi dall'arrivare prima degli altri, tant'è che restammo di stucco quando la macchina si spense di colpo, nel bel mezzo di una striscia di sterrato deserta. Angelo girò la chiave con una risata secca, a cui non ne seguirono altre. Noi ci guardammo come dei fessi mentre la panda scivolava lentamente all'indietro, e un mio gridolino isterico fece scattare la mano di Piero sul freno.
Tutto quel parlare a vanvera di morti ammazzati ci aveva ammutoliti.
Fuori dai finestrini avevamo due file di pini marittimi altissimi a fiancheggiare la strada deserta e una coperta di nuvole che non voleva saperne di orientarci rispetto alla costa. Perlomeno, Marchetto e la sua linguaccia si erano finalmente placati (è incredibile pensare a cosa può uscire dalla bocca di un ragazzino pugliese, specie mentre gioca a pallone. Secondo un logopedista del luogo i bambini apprendono prima gli insulti e poi l'italiano corrente, il che spiegherebbe quell'insana curiosità che ci spinge a domandare la traduzione dei termini peggiori non appena arrivati all'estero).
Mi ricordo solo che rimasi ferma in un loop semisterico mentre Angelo scese a controllare che non ci fosse nulla di rotto. Tentò di far ripartire la panda alcune volte, ma la baracca si ingolfò. Samantha e il suo spirito pratico, forse maturato in anni di vita a Milano, suggerì di telefonare agli altri che sicuramente erano arrivati da un pezzo. Peccato che nessuno dei nostri cellulari garantisse ricezione in quell'area. Bastò una manata di Angelo sul volante per farmi maledire l'insensata scorciatroia, battuta per la quale avrei riso anche allora se solo ci fosse stata qualcun'altra al mio posto.
Oggi non ricordo più come arrivammo a Vico, e nemmeno gli altri quattro. So solo che Marchetto si lanciò in lacrime fuori dall'abitacolo, e preferì sdraiarsi nel bagagliaio di qualcun altro piuttosto che tornare con noi.
ps.
E' da venti minuti che sto in piedi sul water col cellulare teso verso il soffitto, fuori bussano e sospettano il peggio. Non mi arrenderò all'idea che se lo siano dimenticato tutti, voglio pensare che il mio sia l'operatore mobile più indegno del creato. O peggio, che l'aver omesso la data di nascita dal profilo di facebook abbia fatto il resto insieme alla bolla di ricezione garganica.
Oggi invidio tutti, dai bilancia ai gemelli, perchè in queste occasioni hanno intorno la propria città e i propri amici, oltre al diritto di ubriacarsi a loro spese.
Qui invece usa il contrario. Sarà per questo che se lo ricorda perfino chi mi conosce dal menarca, e a un'ora dalla sveglia sono già travolta dai festeggiamenti in spiaggia?
A proposito di ricorrenze, quello del 2004 lo ricordo per un episodio strano.
Il programma della serata prevedeva un giro di brindisi a Vico per via della pasticceria di cui ho già detto, e un po' di cagnara all'enoteca di Peschici finchè la raucedine non ci avesse convinti a tornare a casa.
All'epoca i patentati erano tanti quanti le auto disponibili, perciò non era strano organizzarsi in formazioni improbabili durante il tragitto. A me toccò la panda di Piero e Angelo, su cui mi strinsi assieme a Samantha e Marchetto, il fratello minore di un amico di Lucera. Il diabolico dodicenne aveva da poco sorpreso suo fratello a fumare, perciò pretendeva di seguirci ovunque in cambio del suo silenzio con i genitori. Aveva fatto davvero un colpaccio: con un carattere tanto impestato l'avremmo lasciato volentieri a casa.
Nonostante le condizioni ridicole della panda a cui mancava anche uno specchietto retrovisore, accettammo tutti di seguire la scorciatoia proposta da Angelo, che si addentrava in una pineta evitando incroci e semafori. Fin dalla partenza Marchetto si lamentò per tutto, dai dossi alla cassetta nello stereo, finchè Pietro attaccò un repertorio di storie di fantasmi per tenerlo buono fino all'arrivo.
Fra una risata e l'altra nessuno si accorse del progressivo diradarsi di illuminazione, segnaletica e abitazioni. Eravamo tutti presi dall'arrivare prima degli altri, tant'è che restammo di stucco quando la macchina si spense di colpo, nel bel mezzo di una striscia di sterrato deserta. Angelo girò la chiave con una risata secca, a cui non ne seguirono altre. Noi ci guardammo come dei fessi mentre la panda scivolava lentamente all'indietro, e un mio gridolino isterico fece scattare la mano di Piero sul freno.
Tutto quel parlare a vanvera di morti ammazzati ci aveva ammutoliti.
Fuori dai finestrini avevamo due file di pini marittimi altissimi a fiancheggiare la strada deserta e una coperta di nuvole che non voleva saperne di orientarci rispetto alla costa. Perlomeno, Marchetto e la sua linguaccia si erano finalmente placati (è incredibile pensare a cosa può uscire dalla bocca di un ragazzino pugliese, specie mentre gioca a pallone. Secondo un logopedista del luogo i bambini apprendono prima gli insulti e poi l'italiano corrente, il che spiegherebbe quell'insana curiosità che ci spinge a domandare la traduzione dei termini peggiori non appena arrivati all'estero).
Mi ricordo solo che rimasi ferma in un loop semisterico mentre Angelo scese a controllare che non ci fosse nulla di rotto. Tentò di far ripartire la panda alcune volte, ma la baracca si ingolfò. Samantha e il suo spirito pratico, forse maturato in anni di vita a Milano, suggerì di telefonare agli altri che sicuramente erano arrivati da un pezzo. Peccato che nessuno dei nostri cellulari garantisse ricezione in quell'area. Bastò una manata di Angelo sul volante per farmi maledire l'insensata scorciatroia, battuta per la quale avrei riso anche allora se solo ci fosse stata qualcun'altra al mio posto.
Oggi non ricordo più come arrivammo a Vico, e nemmeno gli altri quattro. So solo che Marchetto si lanciò in lacrime fuori dall'abitacolo, e preferì sdraiarsi nel bagagliaio di qualcun altro piuttosto che tornare con noi.
ps.
E' da venti minuti che sto in piedi sul water col cellulare teso verso il soffitto, fuori bussano e sospettano il peggio. Non mi arrenderò all'idea che se lo siano dimenticato tutti, voglio pensare che il mio sia l'operatore mobile più indegno del creato. O peggio, che l'aver omesso la data di nascita dal profilo di facebook abbia fatto il resto insieme alla bolla di ricezione garganica.

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